Realismo economico o resa? L’auto si salva, la tavola paga

La questione non è solo “chi vince e chi perde” dai nuovi dazi al 15%. È piuttosto che cosa l’Europa ha scelto di proteggere e cosa invece ha sacrificato. Dietro il compromesso ci sono due anime diverse: Berlino, che ha difeso il cuore della sua economia (auto di fascia alta), e il blocco mediterraneo (Italia, Francia), che sperava in uno scudo sull’agroalimentare e ha ottenuto quasi nulla.

La domanda chiave è: è davvero un accordo equo, o è un compromesso che fotografa gli squilibri di potere interni all’Europa?

C’è un bias diffuso: vedere questo accordo come “vittoria comune” o come “resa all’America”. In realtà, il patto è la formalizzazione di un realismo economico: chi esporta auto da centinaia di miliardi non può permettersi di giocare con i dazi. Chi esporta vino e pasta può sì protestare, ma non ha lo stesso peso nel bilancio geopolitico europeo. Il vero errore è credere che l’Europa parli sempre con una sola voce. E soprattutto, l’Europa sa di non avere le armi per reggere un’escalation tariffaria con gli Stati Uniti: la sua forza è nel compromesso, non nello scontro.

L’accordo tra Stati Uniti ed Europa chiude quindi un mese di incertezza. Un tetto unico del 15% su auto, alcolici e gran parte dei beni industriali mette ordine a un commercio transatlantico che rischiava di trasformarsi in una guerra di dazi. Ma l’ordine non è sinonimo di equità. L’auto europea, cuore pulsante dell’export tedesco, scende dal 27,5% al 15%: un sospiro di sollievo per Berlino. Al contrario, vino, champagne e liquori, che prima beneficiavano di tariffe medie inferiori al 5%, vengono catapultati direttamente al 15%. Per l’Italia, dove l’agroalimentare esporta più del settore auto, la partita è già in perdita, almeno su questo campo.

Del resto, non era libero scambio nemmeno prima: l’Europa imponeva un 10% sulle auto americane contro il 2,5% degli USA sulle berline europee. Era un equilibrio storto ma stabile. Ora l’asimmetria si chiude, ma a scapito dei Paesi mediterranei. È la logica della coperta corta: coprire Berlino significa scoprire Roma e Parigi.

Eppure, la certezza ha un valore. È un “second best”: meglio un dazio unico, seppur amaro, che il caos di tariffe variabili e minacce quotidiane. Ma la verità resta scomoda: l’auto si salva, la tavola paga. E l’Europa scopre ancora una volta che, dietro i compromessi, a dettare l’agenda è la voce più forte.