Oggi prende il via il Prime Day 2025, l’evento di punta di Amazon riservato agli abbonati Prime.
Quattro giorni, ventisei Paesi coinvolti, milioni di prodotti in promozione. Ma dietro la superficie dello sconto si nasconde molto di più: il Prime Day è diventato un indicatore della domanda globale, un banco di prova per la logistica, un osservatorio sullo stato reale dei consumi.
Amazon ne ha fatto un evento sempre più esteso. Dalle 30 ore del 2017 alle 36 del 2018, fino ai due giorni pieni del 2019. Oggi siamo a 96 ore ininterrotte, con una platea internazionale in continua espansione. Non è solo una questione di scala, ma di strategia: più tempo significa più traffico, meno pressione operativa, maggiore fidelizzazione. E soprattutto, la possibilità di intercettare un consumatore che vuole ancora spendere, ma non lo fa più a occhi chiusi.
Introdotto nel 2015 per celebrare il 20° anniversario dell’azienda, il Prime Day è cresciuto fino a generare miliardi di dollari in poche ore, trasformandosi in uno strumento per trainare abbonamenti, margini e quote di mercato. Amazon Prime è molto più di una leva promozionale: è un ecosistema. Nel primo trimestre 2016 i ricavi da abbonamento erano pari a 1,3 miliardi. Nel Q1 2025 hanno superato gli 11,7 miliardi, rappresentando il 7,5% del fatturato e crescendo a un ritmo composto vicino al 25% annuo. Più Prime significa più fedeltà, più spesa, più dati, più pubblicità. E, in definitiva, maggiore potere operativo.
Il confronto con Walmart è inevitabile. Amazon è oggi il primo retailer globale per capitalizzazione di mercato, con un valore di oltre 2.370 miliardi di dollari, quasi tre volte quello di Walmart, fermo a 792 miliardi. Ma se si guarda ai ricavi, la classifica si inverte: Walmart resta il numero uno per fatturato, con 685 miliardi di dollari negli ultimi dodici mesi, contro i 650 miliardi di Amazon. Il colosso di Bentonville ha raggiunto 100 miliardi di dollari di ricavi dall’eCommerce nel 2024. E quest’anno ha esteso la durata dei suoi Walmart Deals a sei giorni, in risposta all’allungamento del Prime Day da due a quattro. Due modelli sempre più simili: Amazon ha Prime, Walmart ha Walmart+. Entrambi puntano sulla membership per fidelizzare e anticipare la spesa back-to-school, sottraendo domanda al terzo trimestre.
Secondo Adobe, la spesa complessiva potrebbe toccare i 23,8 miliardi di dollari, di cui 14,5 attribuibili direttamente ad Amazon. Ma l’aumento rispetto al 2024, quando il Prime Day aveva generato 14,2 miliardi in 48 ore, è solo del 2%. L’estensione temporale compensa il rallentamento della spinta giornaliera. Amazon non allunga per moltiplicare, ma per proteggere.
Il comportamento del consumatore cambia. Meno impulso, più pianificazione.
Già nel 2023, secondo Numerator, il 53% degli utenti Prime acquistava solo prodotti pianificati, mentre il 34% si orientava su offerte lampo. Anche nel 2025 domina la logica del “value for money”, dentro un budget più rigido. Cambiano anche i canali. Adobe stima che oltre il 52% delle vendite avverrà da dispositivi mobili, per un valore di 12,5 miliardi di dollari. Il mobile è il nuovo acceleratore: concentrazione di impulso, scoperta guidata da AI, e fruizione immediata. Cresce anche l’uso del Buy Now Pay Later: previsto all’8% della spesa complessiva, in aumento rispetto al 7,6% del 2024. La leva promozionale resta decisiva. Gli sconti attesi spaziano dal 10% al 24%. L’abbigliamento dovrebbe guidare (-24%), seguito da elettronica (-22%), TV (-17%), elettrodomestici (-16%), giocattoli (-15%), mobili (-14%), computer (-12%) e articoli sportivi (-10%). Dopo mesi di razionalizzazione, il consumatore sembra pronto a risalire di fascia. Se il prezzo è quello giusto.
Non è solo questione di prezzi. È questione di tecnologia.
Secondo Adobe, il traffico generato da strumenti di intelligenza artificiale, chatbot, assistenti digitali, motori di raccomandazione, è atteso in crescita del 3.200% rispetto all’anno scorso. L’AI sta diventando parte attiva del ciclo di scoperta, scelta e acquisto. La convenienza, oggi, è mobile, personalizzata, e guidata da algoritmi.
Il Prime Day è anche un test per Prime stesso. JPMorgan stima 350 milioni di abbonati entro fine anno, rispetto ai 200 milioni del 2021. Con ricavi annui superiori a Netflix, Spotify e Walmart, margini elevatissimi e uno scontrino medio doppio rispetto a un utente non Prime, è l’asset più strategico dell’intero modello Amazon.
Eppure, il mercato resta tiepido. Dal 2015 a oggi, la performance media del titolo Amazon nella giornata del Prime Day è negativa (-0,13%). Negli ultimi due anni si è invertita, ma il dato storico pesa.
Nel 2025, il titolo guadagna appena l’1,8% da inizio anno, ancora sotto i massimi. Il comparto XLY, dove Amazon pesa per il 23%, è in calo del 2,18%. Ma senza il crollo di Tesla, che da sola ha sottratto 5,8 punti all’ETF, sarebbe in positivo.
Eppure, i numeri ci sono. Il Q1 2025 ha visto ricavi in crescita del 10% a cambi costanti, utile operativo a 18,4 miliardi (+20%) e utile netto a 17,1 miliardi (+64%). La logistica ha segnato un nuovo record di consegne in giornata o il giorno successivo. La rete di fulfillment è ormai regionalizzata.
Ma se il retail è il volto pubblico di Amazon, il motore è altrove. È in AWS.
Nel Q1, la divisione cloud ha generato 29,3 miliardi di dollari (+17%) con un margine operativo del 39,5%. AWS oggi vale più del retail USA in termini di profitti. E continua ad espandersi grazie all’AI generativa, ai chip proprietari (Trainium2), alla piattaforma Bedrock e all’assistente Amazon Q. Il business ha superato i 117 miliardi di run-rate annuale, e continua a crescere in tripla cifra sulle applicazioni AI. È AWS a sorreggere la valutazione del titolo, ed è lì che si gioca la vera competizione futura.
Anche la pubblicità corre: Amazon Ads ha generato 13,9 miliardi nel trimestre (+19%), grazie alla sua capacità di unire targeting, reach e ambienti ad alto engagement come Prime Video, Music, Twitch e sport in streaming. È una piattaforma full-funnel, scalabile e ad alta redditività.
E poi c’è Alexa+. Il nuovo assistente AI è già operativo negli Stati Uniti. Capace di comprendere e agire, orchestrare dispositivi e routine, e offrire risposte conversazionali più naturali. Non è solo una novità tecnica. È il volto di una strategia più profonda: far convergere retail, AI e abbonamento in un’unica esperienza fluida.
Il Prime Day, in questo scenario, resta centrale. Ma non per i motivi che pensavamo. È un catalizzatore di attenzione. Un acceleratore di abbonamenti. Un osservatorio macro. E un test di resilienza operativa. Non spiega tutto, ma rivela moltissimo.
Perché in un’economia fragile, con consumatori meno fedeli e competitor più agguerriti, Amazon non cerca solo di vendere di più. Cerca di confermare che il suo modello è ancora quello giusto.