L’OCSE ha nuovamente rivisto al ribasso le sue previsioni di crescita globale.
L’Outlook di giugno stima ora un’espansione del 2,9% nel 2025, in calo rispetto al +3,1% stimato a marzo e al +3,3% previsto a dicembre. Un taglio netto, accompagnato da un altro segnale inequivocabile: il linguaggio è cambiato. Radicalmente.
A dicembre si parlava ancora di “resilience in uncertain times”.
A marzo, l’incertezza prendeva corpo: “steering through uncertainty”.
Nel report di giugno, il tono diventa più diretto: “tackling uncertainty, reviving growth”.
Non è più la narrativa di un mondo che rallenta in modo ordinato, ma quella di un’economia globale che barcolla sotto il peso delle tensioni politiche e commerciali.
Al centro della diagnosi, i dazi.
Secondo l’OCSE, la crescita degli Stati Uniti rallenterà all’1,6% quest’anno, contro il 2,2% previsto a marzo. Un taglio di 60 punti base che riflette l’impatto delle politiche commerciali annunciate dal presidente Trump. La Cina mantiene il ritmo, ma solo grazie a sussidi pubblici e spesa sociale. L’area euro si conferma su una traiettoria stabile ma modesta, con una crescita stimata all’1,0% nel 2025.
L’OCSE lancia un monito preciso: un ulteriore aumento delle barriere commerciali potrebbe tagliare di oltre un punto percentuale la crescita globale e far risalire l’inflazione, già oggi più appiccicosa del previsto. Il dazio medio effettivo sulle importazioni USA è salito al 15,4%, il livello più alto dal 1930. Oltre il 2% del PIL mondiale è già oggi esposto direttamente a barriere tariffarie.
Eppure, i mercati guardano altrove.
Nel giorno della pubblicazione del report, l’S&P 500 ha chiuso in rialzo dello 0,58%, mentre il Russell 2000 ha guadagnato l’1,6%. Non una novità, con lo S&P 500 in rialzo nelle ultime tre passate pubblicazioni OCSE proprio di quasi lo 0,6%.
I titoli ciclici hanno ieri sovraperformato i difensivi. Ancora più interessante, gli investitori hanno cercato rischio attraverso le small cap, che ieri ha sovraperformato lo S&P 500 del doppio. Un segnale di propensione al rischio riemergente, che stride con un quadro macro tutt’altro che rassicurante.
I mercati non stanno seguendo le previsioni. Stanno leggendo il contesto in chiave politica e tattica, e restano pronti a ignorare le mappe ufficiali finché la bussola del momentum resta stabile. Ma il linguaggio dell’OCSE resta un indicatore. Non tanto per ciò che dice, quanto per come lo dice.
I mercati, però, scelgono consapevolmente di guardare altrove.
A sostenere il sentiment contribuiscono segnali di distensione tra Stati Uniti e Cina, ma soprattutto la forza della tecnologia: Nvidia è tornata in testa all’S&P 500, per la prima volta dal 26 marzo.
Oggi i riflettori tornano sui dati.
Negli Stati Uniti, il report ADP sull’occupazione privata offrirà un primo assaggio del dato ufficiale di venerdì.
In arrivo anche l’indice ISM dei servizi di maggio: il PMI flash suggeriva un lieve miglioramento.
In Europa, attesi i dati finali di maggio per i PMI servizi e composito.
In Canada, la Bank of Canada annuncerà oggi la sua decisione sui tassi.