Tilray, Trump e la nuova moda di Wall Street: la cannabis torna protagonista

Le mode vanno e vengono, un po’ come i jeans a zampa di elefante. Dopo la fumata nera del 2024, oggi la moda estiva di Wall Street sembra chiamarsi di nuovo cannabis.

Basta guardare al rally di Tilray, che ad agosto sta segnando un clamoroso +149%, il miglior mese da agosto (nuovamente questo mese estivo!) 2018. È il secondo mese consecutivo in rialzo e la quarta settimana positiva di fila. Ma soprattutto c’è un traguardo simbolico: dieci sedute consecutive sopra quota 1 dollaro. Un risultato che permette all’azienda di evitare il reverse split e conservare la quotazione al Nasdaq. Una soglia psicologica che diventa anche narrativa: la cannabis che, dopo aver rischiato di scomparire dal radar, si ripresenta sotto gli occhi degli investitori.

La miccia non è arrivata dai bilanci, ma dalla politica. Il Wall Street Journal ha rivelato che Donald Trump sta considerando la riclassificazione della marijuana a Schedule III. Non è una legalizzazione, ma avrebbe un effetto dirompente: alleggerire il carico fiscale della famigerata 280E (che vieta ad esempio la deduzione di costi operativi per le attività legate a Schedule I e II), aprire all’accesso bancario e stimolare la ricerca medica. Un cambio che trasformerebbe un’industria oggi soffocata in un mercato con prospettive di redditività reale.

Gli investitori si sono mossi. L’ETF MSOS, il più grande del settore, ha raccolto oltre 95 milioni in agosto, portando i flussi complessivi a 2,6 miliardi di dollari. Ma basta scorrere gli holdings per scoprire un paradosso: la maggior parte del portafoglio non è in titoli di cannabis, bensì in liquidità, derivati e fondi comuni. Una scatola che promette esposizione verde ma che contiene perlopiù strumenti finanziari. È un corto circuito che richiama la storia di Randy Marsh in South Park: Tegridy Farms nasce con l’ideale dell’integrità, ma finisce a tradire sé stessa pur di restare a galla.

Fonte: etfdb.com

Ma non va dimenticato che il 2024 è stato l’anno nero del settore. Curaleaf ha perso il 60%, Tilray il 42%, Green Thumb il 26%. L’ETF MSOS è crollato del 46%, portando il drawdown complessivo al 93% dal massimo storico. In Florida, il referendum sulla legalizzazione si è fermato al 55%, mancando la soglia del 60%. Un colpo durissimo per un’industria che contava sull’apertura del terzo stato più popoloso d’America. È stato il cimitero delle illusioni, con aziende costrette a diversificare in alcol o bevande energetiche pur di sopravvivere, diluendo continuamente capitale e allontanandosi dal core business.

Eppure, oggi basta un rumor politico per innescare un rally a tre cifre. Jefferies ha alzato il target di Tilray a 2 dollari, ATB Capital quello di SNDL a 4,50. Trump appare come un campione inatteso della cannabis. Già nel 2024, in piena campagna elettorale, si era espresso a favore della legalizzazione in Florida, pur senza successo. E qui la satira di South Park incontra la realtà. Randy Marsh, per salvare Tegridy Farms, manda Towelie alla Casa Bianca con un ologramma di sé stesso, convinto che basti un dono e un complimento per ottenere la riclassificazione. Ma il finale non è quello sperato: le promesse si infrangono, la fattoria fallisce e la famiglia è costretta ad abbandonarla.

La domanda resta sospesa: il 2025 sarà l’anno in cui la politica salverà davvero il settore, o assisteremo all’ennesimo epilogo in stile South Park, con la parabola della cannabis che si chiude ancora una volta tra fumo, eccessi e disillusione?