Dalla Legge Marziale al Premium Sud Corea: Come il 2025 Sta Trasformando Seul

La Corea del Sud sta cambiando pelle. Non quella che il mondo vede nei film che scalano Netflix o nel K pop che domina le classifiche. La metamorfosi vera è nei listini. E sta avvenendo con una velocità che il retail occidentale continua a sottovalutare. Basterebbe guardare i numeri per accorgersene. Nell’ETF ACWI la Corea pesa l’1,34%, più dell’Italia, con 78 titoli inclusi contro i 24 italiani. Per numerosità sarebbe il quinto Paese del mondo dopo Stati Uniti, Giappone, India e Taiwan. Ed è la dodicesima nazione più rappresentata per peso. Non esiste definizione più lontana di “mercato periferico”.

Il 2025 lo sta certificando con un rally che ha riscritto le gerarchie regionali. Il KOSPI avanza di circa il 64% da inizio anno, il miglior risultato dal 1999. Non succedeva da un quarto di secolo. Ma non solo, lo stesso ETF sul paese EWY segna un +79%, una performance maggiore tra i principali indici globali.

Un balzo che si spiega con due forze che hanno agito insieme. Da un lato la domanda globale di semiconduttori e AI. Dall’altro un ciclo di riforme che finalmente sta intervenendo sulle distorsioni storiche del capitalismo coreano. A ottobre il KOSPI era salito del 19,9%. Un mese così forte che mancava dal 2001. La Corea è tornata sulla mappa con prepotenza, e lo ha fatto perché oggi rappresenta anche parte di un cuore della filiera mondiale dell’intelligenza artificiale.

La correzione appena sancita di novembre ha riportato un po’ di gravità . Il KOSPI chiude il mese a -4,40%, la peggiore lettura da gennaio 2024. È un richiamo alla realtà dopo mesi di euforia, non un cambio di direzione. Il treemap mensile è un mosaico di rossi, con SK Hynix a -1,4% e Samsung Electronics praticamente piatta. L’eccezione è Samsung Biologics, +28,7%, segno che la rotazione interna resta viva. Nei settori industriali la correzione è più dura. LG Energy Solution perde il 20%. Hanwha Ocean scivola. Hyundai Rotem cede il 26%. Sono prese di profitto dopo un rally che si è spinto molto avanti.

Se si allarga lo sguardo all’intero anno il quadro cambia radicalmente. Il verde domina. SK Hynix vola del 210,85%. Samsung Electronics guadagna il 90,7%. Samsung Biologics sale del 69,16%. Numeri che fotografano una sola cosa. La Corea è uno snodo essenziale della catena globale dei chip, dei data center e delle infrastrutture AI. Non una narrativa. Una realtà industriale misurabile.

Il KOSDAQ (l’indice delle small – mid cap) aggiunge un tassello importante. Mentre il KOSPI corregge nel mese di novembre, il listino delle small e mid cap sale dell’1,36% a novembre. Una resilienza che nasce da aspettative molto precise. Il governo starebbe preparando un nuovo pacchetto di misure mirato a sostenere il KOSDAQ. Incentivi fiscali ai venture fund, esenzioni sulle tasse di trading per fondi pensione e investitori esteri, un ruolo più attivo delle istituzioni negli acquisti. La sola indiscrezione è bastata per generare il maggiore scarto tra i due indici dal 2001. +3,7% il KOSDAQ, -1,5% il KOSPI nello stesso giorno. La politica sta entrando nei listini con forza.

Ed è proprio la politica a rappresentare il vero spartiacque. Negli ultimi mesi la Corea ha attraversato una sequenza di shock che avrebbe messo in ginocchio qualunque altro paese, meglio ancora se emergente. La dichiarazione e la revoca immediata della legge marziale. L’impeachment presidenziale. La rimozione del capo dello Stato. I dazi statunitensi. Eppure, invece di fuggire, i capitali sono entrati. L’ETF iShares EWY registra 780,83 milioni di dollari di afflussi nel 2025. È un voto di fiducia. Gli investitori stanno scommettendo che questa volta qualcosa stia cambiando davvero.

Il cuore del problema resta lo “sconto Corea”. L’indice tratta a 10,2 volte gli utili futuri. Una delle valutazioni più basse dell’Asia sviluppata. Taiwan quota 17,8x. Il Vietnam 16,5x. L’Indonesia 10,7x. Il Giappone 12,3x. La narrativa tradizionale attribuisce lo sconto al rischio geopolitico del Nord. Ma questa lettura regge sempre meno. Perché Taiwan, il mercato più esposto al rischio Cina Stati Uniti, è anche quello con i multipli più alti. Lo sconto Corea non è geopolitico. È endogeno. È governance.

È su questo terreno che il presidente Lee Jae myung ha deciso di intervenire con una visione quasi programmatica. Il 21 aprile 2025 ha presentato un’agenda che punta a trasformare la struttura stessa del capitalismo coreano. Ha promesso l’era del KOSPI a 5000 punti e ha creato un comitato dedicato, Kospi 5000, per trasformare la promessa in operatività. Il suo discorso è stato un manifesto.

Il primo pilastro riguardava il mercato dei capitali. Il Paese conta più di quattordici milioni di investitori azionari, ma la ricchezza delle famiglie resta inchiodata sugli immobili. Lee scorge nell’attivazione dell’azionario il modo più rapido per far crescere la ricchezza nazionale. Chiede un mercato prevedibile. Regole chiare. Fiducia nelle aziende.
Il secondo pilastro è la governance. La Corea è all’ottavo posto su dodici nel ranking asiatico ACGA. È una posizione coerente con le distorsioni storiche. Concentrazioni di potere, scarsa tutela delle minoranze, operazioni straordinarie opache. Le riforme proposte vanno nella direzione opposta. Voto cumulativo. Maggiori tutele nelle fusioni. Sanzioni dure contro la manipolazione dei prezzi. Tutto con un obiettivo: spezzare l’idea che in Corea chi ha potere può fare ciò che vuole. È questa la matrice dello sconto Corea.
Il terzo pilastro riguarda il posizionamento internazionale. Per Lee la Corea deve diventare un mercato credibile anche per gli investitori esteri. L’obiettivo è l’ingresso nel MSCI dei Paesi sviluppati. Serve diplomazia pragmatica per gestire il rischio Nord Corea. Serve semplificazione fiscale. Serve un quadro operativo più fluido per gli stranieri. Un mercato più accessibile è un mercato più liquido. Un mercato più liquido tende a essere valutato di più.

Il messaggio politico è arrivato forte anche agli analisti. JPMorgan indica 5000 punti come scenario base per il KOSPI. Citigroup spinge a 5500 entro il 2026. Non è l’euforia a parlare. È la convergenza tra una piazza industriale cruciale per l’AI e un governo che ha messo la riforma dei mercati al centro della propria agenda.

Il 2025 ha segnato una frattura. La Corea ha iniziato a smontare lo sconto accumulato in decenni e a costruire le fondamenta di un possibile “premium Corea”. È un mercato che vuole uscire dai margini e rivendicare centralità. Che vuole dimostrare che la crescita asiatica non passa più solo da Cina e Giappone. La traiettoria non sarà lineare. Ma la direzione è chiara. E per la prima volta da molti anni politica, investitori e imprese stanno spingendo nella stessa direzione.