Labubu supera Barbie: Pop Mart e il nuovo capitalismo dell’hype

Inutile girarci attorno: con il tempo diventa sempre più difficile decifrare le mode delle nuove generazioni. Lo dicevano i miei nonni guardando le nostre console, lo ripeto io oggi a quarant’anni, davanti a TikTok e ai social network. Facebook, che un tempo serviva per seguire gli amici, (bei tempi) è diventato un deserto di pubblicità e polemiche. Non è solo un problema di contenuti, ma di architettura: algoritmi che creano bolle su misura, amplificando ciò che già pensiamo. Non cercano di manipolarci, ma di monetizzare la nostra attenzione. Il risultato? Un’illusione di libertà che in realtà è solo eco delle nostre stesse opinioni.

Ed è qui che TikTok ha riscritto le regole. Se Facebook ci aveva/ha rinchiusi, TikTok ha accelerato il consumo globale. Oggi basta un video virale per mandare in tilt filiere, prezzi e stime di mercato. È successo con il matcha, diventato introvabile in poche settimane. Con il cioccolato di Dubai. E con i Labubu, i peluche “ugly-cute” che nel giro di pochi mesi hanno scalzato Barbie, trasformandosi nell’icona perfetta del nuovo capitalismo dell’hype.

Dietro questa rivoluzione c’è Pop Mart, un’azienda cinese nata come negozio di gadget e capace di trasformarsi in piattaforma globale del consumo emozionale. La formula è semplice e potentissima: le blind box. Confezioni sigillate che svelano la sorpresa solo al momento dell’apertura. Un concetto che riprende, per la mia generazione, l’emozione delle figurine Panini, ma adattato a una generazione che vive di TikTok e Instagram. Qui l’acquisto diventa spettacolo, l’unboxing diventa performance. Non compri solo un giocattolo, compri un frammento di identità condivisa.

Martedì Pop Mart ha pubblicato i risultati del primo semestre 2025, confermando che la “Labubu Mania” non è solo moda, ma anche business dirompente. I ricavi sono saliti del 204% a/a (dopo il 143% di dicembre) a 13,88 miliardi di yuan (1,93 miliardi di dollari), l’utile netto è quadruplicato a 4,57 miliardi (+396% a/a).

La sola linea THE MONSTERS, guidata da Labubu, ha generato 4,8 miliardi di yuan, pari a 670 milioni di dollari, oltre sette volte i livelli del 2024 e quasi il doppio delle vendite di Barbie nello stesso periodo (374 milioni di dollari). Un sorpasso che segna una frattura storica: il nuovo simbolo culturale non nasce più in California, ma a Pechino.

Il boom dei plush è l’altro dato da sottolineare: 6,14 miliardi di yuan nel semestre, +1.276% a/a, pari al 44% del fatturato (a fronte del 9,8% dello stesso dato di giugno 2024). Non più accessorio marginale, ma colonna portante del business. Altri 5,18 miliardi di yaun arrivano dai figure toys (+95%), 1 miliardo dai prodotti MEGA (+72%) e 1,55 miliardi da accessori IP (+79%). Il margine lordo è salito dal 64 al 70,3%, un livello che ricorda più il software che l’hardware, grazie a costi contenuti e pricing premium.

La geografia della crescita racconta l’espansione globale. In Asia-Pacifico (esclusa la Cina) i ricavi sono cresciuti del 258% a 2,85 miliardi di yuan. Nelle Americhe, l’aumento è stato dell’1.142%, con 2,26 miliardi di ricavi e 19 nuovi negozi aperti solo nel 2025. Negli Stati Uniti il canale TikTok ha generato un balzo di 2.033% a/a, da 14,7 a oltre 315 milioni di yuan. In Europa, la crescita è stata del 729%, a 478 milioni. Nel complesso, Pop Mart oggi gestisce 571 negozi in 18 paesi e 2.597 roboshop.

La community è altrettanto impressionante: in Cina i membri registrati sono passati da 46 a 59 milioni in sei mesi, con oltre il 91% delle vendite legate a clienti fidelizzati. È la prova che Pop Mart non vende solo giocattoli, ma appartenenza. E che la “caccia” alla blind box è diventata un rituale collettivo.

Ed è qui che i numeri di Borsa parlano più delle mode. A fine 2023 Pop Mart valeva appena 3,44 miliardi di dollari. Oggi la sua capitalizzazione ha superato i 47 miliardi. In meno di due anni la società è cresciuta di quasi quindici volte, superando colossi storici: Hasbro oggi vale 11,23 miliardi (era 7,09 a fine 2023), Sanrio 12,46 miliardi (da 4,76), mentre Mattel è scesa a 5,69 miliardi dai 6,67 precedenti. È un sorpasso che racconta meglio di qualunque slogan il cambio d’epoca: i pupazzi “ugly-cute” nati a Pechino valgono più di Barbie, Transformers e Hello Kitty messi insieme.

Il mercato finanziario riflette la stessa euforia. Dopo la pubblicazione dei conti, il titolo a Hong Kong ha invertito la rotta: partito in calo del 4,7% all’apertura, scambia a +12% (migliore performance giornaliera dal 23 ottobre dello scorso anno) e aggiornando a 36 i nuovi massimi storici del 2025. Da inizio anno le azioni sono già a +252%.

Eppure, non è solo il mercato azionario a certificare l’impatto. Le earning call di altre società mostrano come Pop Mart sia ormai diventato un asset riconosciuto nel retail globale. Moncler già nel 2022 fu tra i primi luxury brand a collaborare con Pop Mart, lanciando Space Molly in edizione limitata esaurita in pochi secondi. Nel 2025, Langham Place Mall a Hong Kong ha registrato vendite lifestyle a doppia cifra dopo l’apertura di un Pop Mart. Negli Stati Uniti, Macerich lo cita accanto a brand emergenti come Alo Yoga o Fabletics come magnete per i centri commerciali. In Thailandia, Minor International celebra l’apertura del nuovo flagship a ICONSIAM come evento strategico. In Cina, Hang Lung Properties lo definisce un “brand esperienziale” capace di trainare traffico e vendite. E CapitaLand parla di Pop Mart come simbolo dell’“affordable luxury”, con il segmento Toys & Hobbies cresciuto del 46% grazie al suo momentum.

Questa è la vera rivoluzione: Pop Mart non è solo un produttore di giocattoli, ma un ecosistema che crea valore a catena. Per i proprietari di centri commerciali significa afflusso di visitatori, per i brand significa visibilità, per i consumatori significa identità. È il “lusso accessibile” della Gen Z, più desiderabile di una borsa griffata perché costa meno ma genera lo stesso capitale sociale.

Ma i rischi sono altrettanto chiari. Oltre un terzo dei ricavi dipende da Labubu. È la classica concentrazione da manuale: se l’hype si spegne, l’impatto è immediato. In Cina, i media statali hanno già criticato le blind box, paragonandole al gambling e sollecitando restrizioni per i minori. Il mercato secondario, dove un Labubu raro arriva a 2.000 dollari, mostra dinamiche speculative che ricordano più una bolla che un’industria stabile. Ma i multipli raccontano un’altra storia. Pop Mart tratta a 36,6 volte gli utili attesi forward, con un P/E stimato a 36,5x sul 2025 e 28,4x sul 2026. Livelli tripli rispetto ai concorrenti storici: Hasbro viaggia a 16x, Sanrio a 38x, Mattel appena a 11x. Anche l’EV/Sales di Pop Mart, a 10,8x, riflette valutazioni da titolo growth, contro il 3,2x di Hasbro e l’1,4x di Mattel.

C’è quindi una linea sottile tra fenomeno e bolla. Pop Mart ha preso un coniglietto dall’aspetto inquietante e l’ha trasformato in fenomeno mondiale, costruendo margini da software su personaggi disegnati a mano. Ma il vero test sarà dimostrare di saper replicare l’effetto Labubu con altre IP. Perché, se oggi i centri commerciali e i brand del lusso aprono le porte, lo fanno attratti dall’hype. La trasformazione in piattaforma culturale richiede continuità creativa e capacità di trasformare l’emozione in fedeltà duratura.

Per ora i numeri parlano da soli: +204% di ricavi, +396% di utili, margini al 70%, espansione globale a tripla cifra. È la Disney della Gen Z, o il nuovo Fidget Spinner?  Ma se volete capire dove va il consumo giovanile, e come si monetizza un’emozione, guardate Labubu. È la mascotte perfetta del capitalismo sentimentale.