La stagione delle trimestrali del FTSE MIB si è chiusa con un indice in rialzo del 2,97% tra il 1° ottobre, quando Brunello Cucinelli ha inaugurato la stagione con i dati preliminari, e il 14 novembre, data di chiusura con Enel e Interpump. Un progresso che, letto in superficie, suggerirebbe solidità. Ma dietro quella linea crescente si nasconde un mercato più frammentato, segnato da entusiasmo contenuto, dispersione elevata e una prevalenza di reazioni negative dopo i conti.
Reazioni immediate: prevalgono i ribassi
Alla prova della prima seduta successiva ai risultati, infatti, oltre la metà delle società dell’indice, 23 società su 40, hanno chiuso in calo, con una variazione media del -1,17%, confermando il tono prudente che accompagna ormai le ultime due stagioni. Gli estremi raccontano bene la tensione: Campari ha guadagnato l’11,3% dopo i conti, Diasorin ha perso quasi il 19%. È il segno di un mercato sempre più binario e intollerante alle delusioni.

Una stagione polarizzata
Tra l’inizio di ottobre e il 14 novembre, la forbice tra i migliori e i peggiori è tornata ad allargarsi: dal +19,34% di Italgas al -21,98% di Diasorin, quest’ultima maglia nera sia nella reazione post conti così come dell’intera stagione. Un divario di oltre 40 punti percentuali, che restituisce il senso di un mercato sempre più binario.

A sostenere l’indice è stata una manciata di titoli: Italgas, Tenaris e Fineco hanno guidato il rialzo con performance superiori al +15%, seguite da MPS, Moncler, Stellantis e Telecom Italia, tutte sopra il +12%. All’opposto, Inwit e Diasorin hanno perso oltre il 20%, mentre STM, Nexi, Ferrari e Lottomatica hanno archiviato la stagione in flessione a doppia cifra. Il comparto finanziario si è confermato l’ossatura del listino: Fineco (+15,9%), MPS (+15,2%), Mediolanum (+10,7%), Popolare di Sondrio (+11,5%) e BPER (+9,8%) hanno offerto i contributi più costanti, con Banco BPM (+2,4%), Mediobanca (+3,3%), Intesa (+3,2%) e UniCredit (+0,02%) più stabili. Nel comparto assicurativo, Generali ha chiuso con un +1,0%, mentre Unipol (+5,45%) ha recuperato terreno malgrado una reazione negativa post conti.
Tra i difensivi, la stagione ha mostrato maggiore selettività. Enel ha guadagnato +11,3% nel periodo, Terna +4,1%, Snam +11,2%, Italgas +19,3% con una delle migliori reazioni post pubblicazione (+4,2%). Sul fronte energia la spaccatura è netta: Tenaris ha brillato (+15,9%), Eni ha chiuso +10,8% con reazione positiva ai conti, Saipem ha perso 6,7% nonostante +1,3% nel day-after. Nel lusso e nei beni discrezionali la dispersione è ancora più marcata: Moncler +14,6%, Interpump +9,9%, Ferrari -12,5%, Lottomatica -10,7%, Prysmian -0,1%.
La fotografia dei fondamentali aggiunge un tassello. Il fatturato aggregato del terzo trimestre 2025 sale del 4,82%, da 156 a 163,5 miliardi (assente nei dati Unipol).

Un progresso numerico che, però, si concentra in poche mani. Quattro gruppi generano oltre il 60% dei ricavi complessivi: Stellantis, con 37,2 miliardi, pesa per il 22,8% dell’intero giro d’affari, Generali ne rappresenta il 13,8% con 22,5 miliardi, Eni il 12,6% con 20,5 miliardi, Enel l’11,6% con 18,9 miliardi. Il resto del listino si divide le briciole di un’economia che resta fortemente concentrata. In termini di variazioni, la forbice è ampia: BPER segna la maggiore crescita di fatturato su base annua, mentre STMicroelectronics registra la contrazione più netta.
Settore bancario: redditività più solida, meno dipendente dai tassi
Il margine d’interesse (NII) si è stabilizzato o ridotto dopo i picchi, penalizzato dalla discesa dei tassi e dal costo crescente della raccolta. Intesa Sanpaolo registra un calo del 7% a 3,6 miliardi di euro, a causa di rivalutazioni sui prestiti e al calo dell’Euribor, ma prevede una ripresa nei prossimi trimestri. UniCredit ha visto un calo del -5,4%, Banco BPM del -8,7%, MPS del -7,4%, mentre Fineco del -12,8% e Mediolanum del-5,2%. Poste Italiane è tra le poche in crescita (+6,0%).
A fronte di un margine d’interesse in flessione, il motore delle commissioni è tornato protagonista. Il mix di redditività si sta spostando verso la consulenza e l’asset management, confermando un modello più fee-driven e meno esposto alla ciclicità dei tassi. La disciplina sui costi resta un pilastro: Cost/Income Ratio tra il 37% e il 46% per i principali istituti.
Il linguaggio dei comunicati è rivelatore: “record”, “eccellente”, “solido” sono le parole ricorrenti. Dietro i numeri, un messaggio preciso: il ciclo dei tassi si sta chiudendo, ma la redditività bancaria italiana ha imparato a reggersi su più colonne.
Utilities e infrastrutture: selettività e ritorno alla difesa
Nonostante risposte post utili miste, con A2a in forte calo dopo i conti, le utilities italiane si muovono su fronti diversi, ma condividono tre pilastri comuni: investimenti record, disciplina finanziaria e la capacità di trasformare la transizione energetica in una leva industriale.
Tutte le big italiane del settore mostrano una crescita sostenuta, nutrita da business regolati e investimenti mirati. A2A segna ricavi nei primi nove mesi a +12%, Hera a +10,6%, Terna a +8,9%, Enel a +3,6% e Italgas a +42,8% con l’integrazione di 2i Rete Gas.
La traiettoria delle capex resta imponente: Enel guida con 43 miliardi entro il 2027, Terna supera i 2 miliardi nei nove mesi, Italgas mette in campo 16,5 miliardi fino al 2031 e A2A lancia un piano decennale da 23 miliardi, di cui 1,6 miliardi dedicati ai data center. È la risposta industriale alla transizione: reti più resilienti, digitalizzazione e nuova capacità produttiva per sostenere l’elettrificazione del Paese.
A2A apre poi la frontiera dei data center, puntando a 400 milioni di EBITDA entro il 2035. Italgas digitalizza la rete e la rende pronta all’idrogeno. Terna amplia le interconnessioni e integra nuove tecnologie. Enel sposta il baricentro sulle reti e sullo storage, mentre Hera rafforza l’integrazione tra energia, acqua e rifiuti. In comune c’è la volontà di monetizzare la transizione con infrastrutture scalabili e ritorni misurabili.
Energia: Eni e Tenaris trainano, Saipem e Snam divergono
Il comparto energetico chiude con segnali complessivamente positivi. Eni termina i nove mesi del 2025 confermando la forza del proprio modello industriale e la capacità di esecuzione operativa anche in uno scenario di prezzi più complesso. L’utile netto adjusted si attesta a €3,8 miliardi (-13% a/a) e l’EBIT pro-forma a €9,4 miliardi (-19%), ma la produzione cresce con decisione nel terzo trimestre, a 1,756 milioni di barili equivalenti al giorno (+6%), grazie all’avvio di nuovi progetti in Congo, Costa d’Avorio e Messico. Il segmento GGP rafforza la leadership nel gas con un EBIT di €346 milioni (+21%), mentre i “satelliti” della transizione confermano la traiettoria di crescita: Enilive +35% di EBIT pro-forma grazie al pieno recupero dei margini bio, e Plenitude che porta la capacità rinnovabile installata a 4,8 GW, in linea con il piano. Il cash flow operativo sale a €12 miliardi e il buyback viene incrementato a €1,8 miliardi, a testimonianza di una solidità patrimoniale crescente e di una generazione di cassa superiore alle attese. La strategia di Eni è chiara e distintiva: bilanciare crescita upstream, leadership nel GNL e sviluppo dei business della transizione, mantenendo al centro la disciplina sul capitale e la remunerazione degli azionisti.
Saipem prosegue la sua normalizzazione con ricavi a €10,98 miliardi (+8,4%) e un EBITDA adjusted di €1,2 miliardi (+32,7%), pari a un margine del 10,9% (+2 p.p.). Il terzo trimestre segna, come riportato dal suo Ceo Alessandro Puliti, l’EBITDA trimestrale più alto dal 2012.
Tenaris completa il quadro con risultati di grande robustezza. Nei primi nove mesi 2025 registra ricavi per $8,99 miliardi (-7% a/a), EBITDA di $2,18 miliardi (con margine in aumento a 24,3%) e utile netto di $1,51 miliardi (-3%). Nel terzo trimestre, le vendite si attestano a $2,98 miliardi (+2% a/a) con un EBITDA di $753 milioni (margine 25%). Nonostante un contesto sfidante, il gruppo ha generato $1,8 miliardi di cassa operativa, $1,3 miliardi di free cash flow e mantiene una posizione netta positiva di $3,5 miliardi. L’espansione produttiva in USA e Canada, l’avvio di nuovi progetti in Messico e l’aumento dell’efficienza nelle linee offshore testimoniano una struttura industriale capace di adattarsi a ogni ciclo.
Segnali che raccontano un’Italia diversa
Quando pensiamo all’economia italiana, spesso la mente corre a narrazioni di stagnazione o crescita lenta. Ma se spostiamo lo sguardo dai titoli dei giornali ai bilanci e alle strategie delle grandi aziende del Paese, emerge un quadro decisamente più dinamico e controintuitivo. Una trasformazione silenziosa che sta ridisegnando interi settori. Ecco alcune tendenze sorprendenti che raccontano una storia diversa e molto più interessante.
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Le utility investono miliardi nell’intelligenza artificiale
Le utility non producono solo energia: ora scommettono miliardi sui data center, il motore dell’IA.
Sembra un controsenso, ma una delle più grandi scommesse sull’intelligenza artificiale in Italia arriva da una società di servizi pubblici. A2A, una delle principali utility del Paese, ha presentato un piano di investimenti da 23 miliardi di euro, di cui ben 1,6 miliardi di euro sono destinati a una piattaforma di data center.
Il perché di questa mossa è geniale nella sua semplicità: il costo dell’energia rappresenta il 65% dei costi operativi totali di un data center. Per un’azienda che produce energia, questo si traduce in un vantaggio competitivo quasi insormontabile.
Ma c’è di più. Il calore generato dai data center, solitamente uno scarto, diventa una risorsa preziosa. A2A prevede di recuperare questo calore per raddoppiare l’energia termica disponibile per il teleriscaldamento a Milano, città che, non a caso, ospita il 50% dei data center italiani.
Non si tratta di una semplice diversificazione, ma della ridefinizione di un intero settore: l’energia non è più solo un prodotto, ma l’infrastruttura critica che alimenta l’economia dell’intelligenza artificiale.
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Le infrastrutture diventano digitali
Le reti del gas diventano intelligenti: Italgas sta creando un ‘gemello digitale’ per gestire tutto da remoto.
Anche i settori apparentemente più statici, come la distribuzione del gas, stanno vivendo una rivoluzione tecnologica silenziosa ma profonda. Italgas sta investendo la cifra impressionante di 3,1 miliardi di euro esclusivamente nella digitalizzazione delle sue reti.
Il cuore di questa trasformazione è “DANA”, un vero e proprio “cervello digitale” che permette di monitorare e controllare l’intera infrastruttura da remoto, come un gemello digitale della rete fisica.
Un esempio concreto di questa spinta innovativa è “Nimbus”, un contatore intelligente di nuova generazione brevettato direttamente dall’azienda. Questo non è solo un esercizio di efficienza: si tratta di rendere le infrastrutture critiche più resilienti, sicure e già pronte per le sfide del futuro energetico, come la distribuzione di idrogeno e biometano.
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La solidità delle banche italiane
Il sistema bancario italiano, peso massimo a Piazza Affari, continua a mostrare numeri da record.
Intesa Sanpaolo si definisce “Zero-NPL Bank” con un Net NPL ratio al minimo storico dell’1,0% e copertura oltre il 51%. Il risiko bancario italiano lascia ora il posto ai numeri.
A fronte di un margine d’interesse in flessione, il motore delle commissioni è tornato protagonista. Il mix di redditività si sta spostando verso la consulenza e l’asset management, confermando un modello più fee-driven e meno esposto alla ciclicità dei tassi. La disciplina sui costi resta poi un pilastro: Cost/Income Ratio tra il 37% e il 46% per i principali istituti.
La fotografia che emerge non è quella di un’economia stagnante, ma di un tessuto industriale che si sta ricomponendo. Pochi grandi gruppi trainano, ma lo fanno con strategie sempre più sofisticate, connettendo energia, tecnologia e finanza.


