Il battito d’ali della BoJ, come una frase di Ueda ha fatto tremare la liquidità

L’effetto farfalla pone una domanda semplice e potente. Può un battito d’ali in un punto del mondo generare un evento estremo dall’altra parte del pianeta. Oggi la metafora andrebbe aggiornata. Può un battito d’ali della BoJ a Tokyo creare turbolenza a New York.

Il primo dicembre 2025 lo abbiamo visto chiaramente. È bastata una sfumatura più hawkish del governatore della Bank of Japan, Kazuo Ueda, per innescare un effetto domino che ha attraversato il Pacifico, ha colpito Bitcoin e ha messo alla prova la liquidità in dollari. È un promemoria della natura unitaria del sistema finanziario. Un cambio di linguaggio a Nagoya può generare frizioni concrete a Wall Street.

Durante il suo discorso Ueda ha segnalato che la BoJ valuterà i pro e i contro di un rialzo dei tassi nella riunione del 18 e 19 dicembre. Pur in un contesto politico guidato dal Primo Ministro Sanae Takaichi, storicamente favorevole a politiche accomodanti, il governatore ha lasciato intendere che il momento di un aumento potrebbe essere vicino. Ha descritto un potenziale rialzo come un “rilascio graduale dell’acceleratore”, senza voler frenare l’economia. Le condizioni macro lo permettono. Il mercato ha immediatamente tradotto il messaggio, con probabilità di rialzo salite verso il 70-80%.

Il ricordo dell’agosto 2024, quando un rialzo poco preannunciato della BoJ contribuì a destabilizzare i mercati globali, aleggia ancora. Stavolta, tuttavia, il tono e il messaggio è più calibrato e anticipato.

La reazione è stata comunque rapida. I rendimenti dei Japanese Government Bonds sono saliti in modo deciso. Il 2 anni ha toccato l’1,02%, livello che non si vedeva dal 2008. Il 10 anni ha raggiunto l’1,87%. Lo yen si è rafforzato con USDJPY in calo verso 155,4. Il Nikkei ha perso quasi il 2%. In Asia il sentiment è diventato immediatamente più difensivo e l’onda è arrivata anche in Occidente.

La dinamica è chiara. È l’unwind del carry trade yen. Gli investitori che hanno preso in prestito yen a costi minimi per investire in asset più redditizi, come azioni o criptovalute, sono stati costretti a chiudere posizioni e a ridurre l’esposizione. Il risultato è un drenaggio di liquidità che supera le dinamiche tecniche e diventa pienamente macro.

La prima valvola di sfogo è stata il mercato crypto, estremamente sensibile ai flussi di liquidità e alle aspettative di politica monetaria. Bitcoin ha perso il 4,5% scendendo sotto quota 87 mila dollari e in alcune sessioni fino a 83.800. Ethereum ha ceduto oltre il 6,4%. Il contesto non ha aiutato. I commenti del fine settimana del CEO di Strategy Phong Lee, la stretta di Pechino sulle stablecoin e i deflussi dagli ETF spot hanno aggravato la pressione. Parliamo di circa 3,48 miliardi di USD in uscita dagli ETF su Bitcoin e 1,42 miliardi da quelli su Ethereum, per quest’ultimo il peggior mese di sempre per i prodotti spot ed interrompendo di fatto una sequenza di afflussi durata sette mesi.

A mitigare la pressione ha contribuito Michael Saylor che ha annunciato la creazione di un fondo da 1,44 miliardi di USD tramite vendita di azioni, destinato a coprire per 12-24 mesi i dividendi sulle azioni privilegiate e gli interessi sul debito. Resta comunque il quadro di un asset, quello del Bitcoin e del mondo crypto, che in queste fasi funge da canarino nella miniera per il sentiment globale.

L’onda d’urto ha raggiunto poi i mercati statunitensi. I rendimenti dei Treasury sono saliti. Il decennale è cresciuto di quasi 10 basis points in un contesto di selloff obbligazionario globale. S&P 500 e Nasdaq hanno aperto in calo tra 0,5% e quasi 1%. Il dollaro ha continuato a indebolirsi, dopo che già aveva chiuso la peggior settimana in quattro mesi con una flessione dello 0,72%. Oro che registra un rialzo tattico, riflesso di un mercato che cerca protezione.

Il movimento più rilevante però riguarda la liquidità USA. Il tasso SOFR (tasso interbancario) è salito al 4,12% e nelle ultime cinque sedute ha mostrato una dinamica che non si vedeva da marzo 2023, periodo segnato dalle turbolenze di Silicon Valley Bank, Signature Bank e First Republic.

Lo spread con il tasso sulle riserve della Fed è salito a 0,22%. Contemporaneamente il repo overnight ha raggiunto 26 miliardi di USD, secondo valore più alto del periodo post Covid. Le banche hanno portato Treasury e MBS alla Fed per ottenere dollari immediati.

Fonte: newyorkfed.org

Non è un intervento di salvataggio, è un sintomo. Alla pressione di fine anno si sommano i requisiti sulle riserve minime, l’ondata di emissioni di Treasury bills per finanziare il deficit federale e il ritmo del quantitative tightening. Un sistema che si regge su equilibri delicati ha mostrato un punto di tensione.

Questo episodio ricorda che una stretta in Giappone può pesare sulla liquidità più di quanto il mercato non voglia ammettere. Colpisce prima gli asset più esposti alla leva come le crypto, poi gli Stati Uniti, e infine arriva a toccare i meccanismi di funding del sistema in dollari. Per chi opera sui mercati il triangolo BoJ Fed yen diventa centrale nelle prossime settimane.