Il Crollo delle Dating App: Dal Boom alla Solitudine Digitale

Nel 2020 erano la nuova normalità. Lockdown, solitudine, isolamento. Lo smartphone diventava compagnia, rifugio, speranza. Tinder, Bumble, Grindr: il mercato aveva trovato la sua nuova religione.

Cinque anni dopo, quella febbre si è spenta. Match Group è passata da 177 a 33 dollari per azione, -82%. Bumble ha perso il 95% dal debutto. Grindr, la più “resiliente”, vale un quinto dei massimi. Il boom dell’amore digitale si è trasformato in un caso di studio su come un settore possa bruciare valore pur restando centrale nella cultura contemporanea.

Le dating app nascono con un limite strutturale: se funzionano, l’utente le abbandona. È un modello fondato sulla rotazione continua. Durante la pandemia, quella debolezza era invisibile. Tutti erano online, tutti cercavano qualcosa… anche solo distrazione. Ma dal 2022, la normalizzazione ha svelato l’altra faccia: la “swipe fatigue”, la stanchezza da scorrimento infinito. Il boom di utenti si è esaurito, i costi per acquisirne di nuovi sono esplosi. Il tasso di abbandono (churn) è diventato il vero nemico.  La crescita è passata da organica a forzata, trainata da pubblicità e sconti, con impatti diretti sui margini.

Nel frattempo, la cultura è cambiata: la Gen Z ha iniziato a rifiutare la “hook-up culture”. L’idea di conoscersi attraverso uno swipe appare vuota, impersonale. Meta e TikTok intercettano poi la nuova domanda di “autenticità” con funzioni AI integrate nei social, mentre le app dedicate perdono centralità.

Match Group: il colosso che cerca un nuovo centro

Leader incontrastato del settore, Match Group controlla Tinder, Hinge e OkCupid. Ma oggi il colosso è costretto a ripensare la propria identità.

Nel terzo trimestre 2025, i ricavi totali sono saliti a 914 milioni di dollari, appena il +2% sull’anno. A prima vista, stabilità. Ma sotto la superficie, la dinamica è chiara:  Tinder, la principale fonte di profitto, ha registrato ricavi diretti per 505 milioni, in calo del 2% a/a. Gli utenti paganti sono scesi del 7% a 9,3 milioni. L’unico segnale positivo è il ricavo per utente pagante (RPP): 17,66 dollari, +5%. Chi resta, paga di più. Ma restano in meno.

Hinge invece corre: 185 milioni di ricavi (+27%) e +17% di paganti, con RPP oltre 32 dollari, quasi il doppio di Tinder. È la prova empirica che il mercato si sposta dalle relazioni veloci a quelle intenzionali.

L’EBITDA rettificato di gruppo scende a 301 milioni (margine 33%), complice un esborso legale da 61 milioni per discriminazione di prezzo.

Il free cash flow operativo resta alto, 716 milioni nei primi nove mesi, e circa il 90% è stato usato in buyback: segnale di un management che vede la propria azienda sottovalutata ma cha anche compra tempo, non crescita.

Dalle parole dell’ultima conference call emerge un mix di prudenza e speranza. Il CEO parla di germogli di ripresa, e cita l’intelligenza artificiale come chiave per migliorare la compatibilità tra profili. Funzioni come Chemistry (che aumenta del 4% la probabilità di match) e Face Check (-60% di profili falsi) puntano a ricostruire fiducia.  Ma la verità è che la crescita del gruppo dipende sempre meno da Tinder e sempre più da Hinge.

La serie storica lo racconta meglio di mille comunicati:

  • tra marzo 2022 e metà 2023, Tinder ha aumentato i ricavi trimestrali da $441M a $520M,
  • ma da lì è iniziata una discesa lenta e costante fino ai $463M del Q1 2025 per poi oggi ritornare sopra quota 500M
  • Gli utenti paganti sono calati da 10,7M nel 2022 a 9,3M.
  • L’RPP è salito da $13,8 nel 2021 a $17,7 nel 2025, un +28%.

In altre parole, il gruppo ha monetizzato il disimpegno. Ha spremuto di più chi resta, ma non ha invertito la fuga. È un equilibrio fragile: basta un ulteriore calo di utenti per erodere anche la base premium.

Bumble: la rivoluzione che non ha retto la realtà

Quando si è quotata nel 2021, Bumble rappresentava la risposta femminista a Tinder: le donne per prime, in controllo del contatto.

Nel terzo trimestre 2025, i ricavi sono scivolati a 246 milioni, -10% sull’anno.

Gli utenti paganti, circa 3,6 milioni, sono in calo del 16%.

L’azienda ha lanciato un “reset strategico”: meno promozioni, più selezione, ridisegno totale dell’app. Il nuovo approccio non obbliga più le donne a scrivere per prime. Ma il rischio è di perdere proprio ciò che la rendeva diversa.

La CEO parla di “transizione verso una nuova generazione di prodotti basati su AI”. Un assistente virtuale aiuterà gli utenti a scrivere bio e messaggi più efficaci. Ma la promessa di innovazione suona come quella di molte tech in crisi: un’AI per coprire una mancanza di direzione.

Tutti, da Match a Bumble, promettono che l’AI cambierà il modo di incontrarsi. Ma la domanda vera è: l’AI risolverà la stanchezza o la renderà più sofisticata? Se usata bene, potrà ridurre il rumore: suggerire match compatibili, filtrare profili falsi, rendere l’esperienza più umana. Se usata male, sarà solo un nuovo algoritmo che alimenta lo stesso gioco a punteggio.

Il mercato, come l’amore, non perdona chi confonde entusiasmo con sostanza. Nel 2020 le dating app offrivano connessioni. Nel 2025, cercano redenzione. Il boom è finito. La solitudine digitale resta. E in mezzo, un settore che deve scegliere se reinventarsi o scorrere, per l’ennesima volta, verso il basso.